La vicenda inizia nel 2019 con il deposito di una querela da parte della sottoscritta nei confronti di tutti i vertici della ex SDL Centrostudi, che attraverso la manomissione di un atto emesso dal Tribunale di Milano avevano fatto circolare notizie false e diffamatorie sulla mia persona, art. 595 c.p. Diffamazione.
Il Tribunale di Perugia, dopo istruttoria, emetteva rinvio a giudizio, R.G.N.R. p.p. n. 49/2019, solo nei confronti di Fabio Chiappini, ex Direttore Aziendale della ex SDL Centrostudi e della Work and Solution.
Per la Procura Fabio Chiappini era l’autore già dal giugno 2018 di una serie di e-mail e messaggi ingiuriosi che hanno dato il via alla recente vicenda giudiziaria che mi vede nuovamente parte lesa, altro atto meschino da parte della solita cricca che fa capo a Serafino Di Loreto.
Si tratta di un’azione reiterata e persecutoria, più volte respinta dal Tribunale di Milano, volta a silenziare la mia attività di critica e cronaca mediante il blog deborahbetti.it
Breve riassunto di una storia triste: dopo aver denunciato le pratiche commerciali scorrette della SDL, relative a perizie bancarie errate e a servizi legali di discutibile qualità, ho subito una serie di attacchi diffamatori e minacce. Un decreto del Tribunale di Milano è stato manipolato per dipingermi come colpevole di reati informatici.
Questa è solo una parte della storia…
Il processo si è concluso con l’assoluzione di Fabio Chiappini.
Ma chi è il vero responsabile? Scopriamolo insieme.
Le parti in causa: da Blogger a “spina nel fianco” di SDL Centrostudi
Da un lato ci sono io, Deborah Betti, la querelante, normalmente blogger, soprattutto cittadina, che ha deciso, dopo aver depositato regolare denuncia di utilizzare anche il proprio spazio web per segnalare le deficienze della società SDL Centrostudi in materia bancaria, azienda condannata anche da AGCM per pratiche commerciali scorrette, vicenda nota che ha coinvolto centinaia di cittadini in tutta Italia.
Dall’altra parte, Fabio Chiappini, ex responsabile aziendale della SDL Centrostudi e Work and Solution, individuato dalla Procura quale responsabile di aver diffuso una versione alterata di un Decreto di Sequestro Preventivo del Tribunale di Milano, artatamente manipolato con l’intento di far apparire che tutto il blog deborahbetti.it fosse stato oscurato dalla giustizia, ma che la sottoscritta, quale abile criminale libera di circolare, aveva disatteso le imposizione di legge mantenedolo aperto, gettando così discredito sulla sua reputazione e sulla mia autorevolezza relativamente al giudizio verso l’operato di SDL Centrostudi.
Il documento, alterato e inoltrato più volte via e-mail, aveva il chiaro intento di far passare la mia persona come cyber criminale in quanto diretta responsabile di contenuti diffamatori di tale gravità da richiedere l’intervento della giustizia per l’oscuramento dell’intero sito.
Cosa totalmente falsa!
Una mossa, quella di Fabio Chiappini, che, secondo il Tribunale, è stata incoraggiata e caldeggiata dai vertici aziendali della SDL Centrostudi proprio per disinnescare quella che loro definivano la “spina nel fianco”, ossia io e la mia attività di denuncia.
Infine, c’è il Tribunale di Perugia, chiamato a risolvere questo nuovo capitolo della disputa giudiziaria tra la SDL/seguaci del Di Loreto e la sottoscritta.
La storia: diffamazione e documenti taroccati
Il Giudice di Pace di Perugia, Dott.ssa Candeloro, ha presieduto il processo, analizzando con cura e-mail, testimonianze e documenti al fine di ricostruire la storia.
Riassumendo la vicenda per chi legge per la prima volta, sintetizzo gli accadimenti.
All’epoca dei fatti, l’imputato Fabio Chiappini lavorava per la SDL Centrostudi, società che commercializzava perizie econometriche volte a dimostrare gli illeciti perpetrati dalle banche.
Tra i clienti ingannati da SDL, anche la mia famiglia, vittima delle pratiche scorrette della società che tramite una perizia errata e un pessimo servizio legale ci hanno causato la perdita di una causa contro una banca e la condanna al pagamento di 30.000 euro di spese alla stessa.
In seguito a questa esperienza negativa, avevo sporto denuncia alle autorità competenti e successivamente avevo pubblicato la notizia sul mio blog amatoriale, deborahbetti.it., da quel momento venivo continuamente accusata da SDL di essere una diffamatrice e di raccontare falsità. In particolare, Serafino Di Loreto, fondatore e titolare di SDL, mi investiva di vari procedimenti civili e penali, per alcuni contenuti, a suo dire, asseritamente diffamatori postati sul blog e ne chiedeva il totale oscuramento.
Il Tribunale di Milano respingeva tutte le richieste (diventate ormai quasi una persecuzione) e condannava SDL al pagamento delle spese legali in mio favore.
Durante l’istruttoria del procedimento penale per diffamazione mosso da Serafino Di Loreto verso di me, l’ennesimo, i Magistrati del Tribunale di Milano chiedevano temporaneamente l’oscuramento di soli 4 commenti a firma del nickname #arrestateserafino – la richiesta mi era stata fatta pervenire a mano mediante notifica di un atto, denominato Decreto di Sequestro Preventivo datato 1.12.2016.
Il documento che in questo procedimento su Perugia è stato poi manipolato con finalità di discredito.
In seguito questo procedimento penale a mio carico sul Tribunale di Milano, si concludeva con archiviazione mediante una Ordinanza emessa del 14 luglio 2017 a firma del Dott. Livio A. Cristofano.
Il magistrato aveva disposto l’archiviazione ritenendo infondata l’accusa di diffamazione presentata da Di Loreto. L’archiviazione, che ha evidenziato la non diffamatorietà dei contenuti dei commenti, ha portato al ripristino degli stessi commenti sul blog. L’unico cambiamento eseguito è stata la sostituzione del nickname, azione autonoma e non richiesta dal Giudice, volta a garantire la massima trasparenza e corretteza delle mie azioni.
Da qui l’idea degli “Essedielliani”, quella di manipolare il Decreto di Sequestro Preventivo del Tribunale di Milano, alterandone il contenuto, facendo intendere che l’intero blog, fosse stato interamente oscurato per gravi indizi di colpevolezza relativi proprio alle ragioni esposte attraverso la denuncia da Serafino Di Loreto per poi diffonderlo, “documento del tribunale = quindi autorevole”, con il fine di danneggiare gravemente la mia reputazione, facendo apparire il blog come fonte di contenuti diffamatori tanto da indurre l’autorità giudiziaria ad intervenire con un provvedimento punitivo.
E così agisce Fabio Chiappini, si rende responsabile dell’invio della e-mail, dai toni di dileggio e trionfalistici, contenente proprio il documento falso.
Ne deriva che sentendomi pesantemente lesa nella mia reputazione, ho sporto querela contro i vertici della SDL, tra cui il fondatore Serafino Di Loreto e l’ex Presidente Dott. Piero Calabro, oltre che contro Fabio Chiappini.
La Procura ha ritenuto di dover agire nei confronti di Fabio Chiappini dando così origine al presente procedimento.
Lo svolgimento del processo penale: verità o dolo?
Il punto centrale dell’accusa contro Fabio Chiappini è stato la diffusione del Decreto di Sequestro Preventivo del 1.12.2016-Tribunale di Milano, modificato ad arte per far credere che l’intero blog, deborahbetti.it, fosse stato totalmente oscurato per ordine del Gudice.
L’istruttoria posta in essere dal Giudice ha inequivocabilmente dimostrato che il documento inviato da Fabio Chiappini a mezzo e-mail ad una pluralità di persone il 14 giugno 2018 era di fatto una versione falsa del Decreto di Sequestro Preventivo del 1.12.2016-Tribunale di Milano, così come evidenziato dal confronto dei documenti depositati in atti.
Alcune testimonianze hanno delineato un quadro preciso del contesto aziendale di SDL Centrostudi, confermando che l’allora Direttore Aziendale Fabio Chiappini si era reso responsabile dell’invio della e-mail contenente il documento manipolato, sottolineando l’ossessione e la ostinazione dell’azienda e dei suoi consulenti a proteggere l’immagine della società e dei venditori a tutti i costi.
In relazione al testimone Serafino Di Loreto, di fronte al reiterato rifiuto di presentarsi in Tribunale almeno in qualità di teste, il Giudice di Perugia ha ritenuto di non poterlo costringere a comparire mediante l’ausilio delle Forze dell’Ordine. La mia difesa quindi, per evitare ritardi nel procedimento e il rischio di prescrizione, ha pertanto dovuto rinunciare alla sua testimonianza.
Nel corso del dibattimento, Fabio Chiappini ha sostenuto di non essere stato consapevole del fatto che il l’atto in questione era stato manipolato e che il suo ruolo nella vicenda fosse stato quello di semplice “esecutore di ordini”.
L’imputato e i suoi testimoni hanno anche attribuito ogni responsabilità della diffusione del documento falsificato ai soli vertici della SDL Centrostudi, sostenendo che il documento era stato distribuito durante una riunione aziendale a tutti i partecipanti.
Il Giudice, quindi, ha dedotto che la diffusione del “falso”, cosi come riportato, è stata attuata dai vertici di SDL, segnatamente da Serafino Di Loreto che, si riporta, “considerava la Betti una spina nel fianco” e voleva dimostrare a tutti i costi di “averla sconfitta” in Tribunale (cosa che non è mai avvenuta) sventolando questo atto alterato come “se fosse un trofeo di guerra” proprio durante una riunione di persone a cui poi lo ha fatto distribuire e a cui ha espressamente chiesto di difonderlo.
Sempre ad onore del vero, l’attività di diffamazione nei miei confronti è stata perpetrata anche attraverso e-mail partita dall’indirizzo della direzione@sdlcentrostudi.it attribuibile all’allora Presidente Dott Piero Calabrò, avente ad oggetto: “Comunicato per RA e DA: Mutande e Champagne” dove Serafino Di Loreto scrive una serie di “castronerie” e tra le tante così conclude:
“ … Dunque il reato di diffamazione la Betti lo compie, lei ed i suoi seguaci, ma di fatto il sequestro non può avvenire perché trovasi all’estero il server, ove è canalizzato il traffico di tutti i dati.
Questa è la verità non quella che la Betti pubblica.
Vi garantisco che la battaglia continua in tutte le sedi -anche internazionali- e vedrete che la verità trionferà e terminerà con l’oscuramento del suo blog.
Ogni volta che prometto qualcosa lo realizzo….sempre! Un caro saluto ed affettuoso abbraccio.
COMUNICATO PER DA e RA
(da Avv.to Prof. Serafino Di Loreto)”
Ulteriore prova a sostegno dell’attività continua di discredito perpetrata da Di Loreto verso la mia persona
Comunque, nonostante Fabio Chiappini abbia affermato di non aver notato la falsificazione, sotto interrogatorio ha dichiarato di aver interrotto ogni rapporto con la società non appena ne è venuto a conoscenza, per la Corte di Giustizia di Perugia sufficiente dimostrazione di voler prendere le distanze da tali comportamenti, cosa che posso dimostrare non essere assolutamente vera, ed infatti anche lui ha depositato una denuncia verso di me … ma questa è un’altra storia.
E così il processo si è trasformato in una discussione sull’intenzionalità o meno del gesto: Fabio Chiappini ha agito con dolo o è stato solo un ingranaggio inconsapevole di una macchina più grande?
La decisione del Giudice: Fabio Chiappini assolto per mancanza di dolo
Alla fine del processo, il Giudice di Pace ha deciso di assolvere Fabio Chiappini dall’accusa di diffamazione.
Secondo la Dott. Candeloro, per configurare il reato di diffamazione è necessario dimostrare l’intenzionalità di ledere la reputazione altrui, e in questo caso specifico non è stato possibile provare che l’imputato fosse consapevole della falsità del documento fatto circolare ai fini diffamatori così come ha sottolineato come non avesse una posizione aziendale tale da consentirgli o imporgli di verificare l’autenticità del decreto, e che il documento gli fosse stato semplicemente passato dai vertici aziendali. Pertanto, il fatto non costituisce reato.
Fabio Chiappini è stato quindi assolto, ma questa vicenda lascia dietro di sé una giusta riflessione: è sufficiente affermare di non sapere per essere esonerati da ogni responsabilità?
Questo caso può configurare un esempio lampante di come il sistema aziendale improntato esclusivamente sui profitti economici e privo di ogni etica e scrupolo possa talvolta spingere i propri “dipendenti”, per me meglio definiti “seguaci” verso azioni discutibili, nascondendosi poi dietro la mancanza di una “posizione di garanzia”.
Certo è che queste persone Fabio Chiappini o Serafino Di Loreto rappresentano concretamente l’ipocrisia culturale di una parte del genere maschile verso la lotta contro la violenza sulle donne posto che la deresponsabilizzazione dalle azioni attuate da un individuo, il silenzio di un altro, l’omertà del tale o il continuo diffondere “epiteti gravemente offensivi” o notizie false su una donna atte a ledere la sua dignità attraverso sistematici comportamenti dispregiativi e denigratori, attraverso parole sprezzanti, offese ed umiliazioni nonché ridicolizzazioni costituiscono grave violenza su di essa.
Tutto questo, anno 2024, solo per impedire ad una donna di esprimere la sua opinione, … so di non essere solo io a vedere l’assurdità di tutta questa storia!
Spiace vedere che la genericità con cui è stato trattato il caso ha portato a conclusioni limitanti, dimenticandosi che dietro ogni storia c’è sempre qualcuno che riveste il ruolo involontario di vittima, e quella è colei/ui che ne paga le spese economiche, fisiche e psicologiche.
Fabio Chiappini esce indenne da questa vicenda giudiziaria, personalmente non senza un certo alone di dubbio sulla trasparenza e correttezza delle sue azioni e senza mai aver avuto il coraggio di affrontare le sue responsabilità anche semplicemente attraverso la facile e semplice parola “scusa”.
Alla fine, la domanda che resta è: la giustizia è stata veramente servita o si è attivata limitatamente ad una sola parte del problema e per questo si è circoscritta ad assolvere chi poteva ancora una volta nascondersi dietro a chi “era titolare di una posizione di garanzia” – aiutando i soliti nel gioco di scarico di responsabilità?
Forse la vera vittoria per me è stata quella di aver portato alla luce questi meccanismi opachi, e di non essermi mai arresa.
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