Banca: ripetizione di indebito, la sentenza 5472/21 del Tribunale di Milano

da | Ott 17, 2021 | Banche e Risparmio | 0 commenti

Banca: ripetizione di indebito, la sentenza n. 5472/21 del Tribunale di Milano

Sentenza storica del Tribunale di Milano!

Il Tribunale meneghino, con la recente sentenza n. 5472 del 24 giugno 2021, a firma del Dott Francesco Ferrari, ha espresso un principio rivoluzionario in materia di ripetizione di indebito bancario.

È noto, infatti, che la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 24418/2010, ha stabilito che, ove eccepita dalla banca la prescrizione del diritto del correntista, la stessa decorra dalla chiusura del conto nel caso in cui le rimesse effettuate dal correntista abbiano funzione ripristinatoria.
Nel caso in cui, invece, le rimesse effettuate dal correntista abbiano funzione solutoria, la prescrizione decorrerà dall’annotazione in conto degli indebiti precedentemente addebitati.
La Suprema Corte ha specificato che le rimesse effettuate dal correntista sul conto corrente avranno funzione solutoria ove annotate su un conto non affidato ovvero che ecceda il limite dell’affidamento concesso dalla banca.

La giurisprudenza formatasi successivamente a tale pronuncia prevedeva, ove eccepita dalla banca la prescrizione, che le rimesse di natura solutoria provvedessero a pagare tutti gli indebiti precedentemente addebitati e che tali rimesse fossero da verificarsi sulla base del saldo originario rilevato dall’estratto di conto corrente.

Più recentemente la Suprema Corte ha precisato, invece, che le rimesse di natura solutoria fossero da verificarsi sulla base del saldo rettificato, ovvero sul saldo del conto corrente previamente epurato delle poste nulle, e che le rimesse di natura solutoria individuate sulla base di tale saldo andassero a pagare le competenze indebite addebitate extra-fido, le sole esigibili – così Cassazione n. 9141/2020 e n. 3858/2021.

La Suprema Corte ha, infatti, specificato che le rimesse solutorie non potranno mai pagare le competenze addebitate intra-fido, in quanto non esigibili se non alla chiusura del conto.

Il Tribunale di Milano, preso atto delle sentenze della Cassazione sopra indicate, ha dapprima specificato che le rimesse di natura solutoria andranno verificate sul saldo rettificato, sovvertendo il proprio precedente orientamento, ma soprattutto che la prescrizione dell’azione di ripetizione del correntista su un conto corrente a cui acceda un’apertura di credito decorra sempre dalla chiusura del conto corrente.

Le motivazioni del Tribunale di Milano prendono spunto dalle recenti sentenze di Cassazione sopracitate, le quali hanno ritenuto inesigibili le competenze addebitate intra-fido in quanto inesigibili;

Se, infatti, la natura solutoria della rimessa richiede la liquidità ed esigibilità del credito che viene soddisfatto con tale rimessa, ne consegue che le Sezioni Unite nel 2010 abbiano ritenuto esigibile lo scoperto in senso tecnico (ossia l’esposizione ultra-fido o in assenza di fido), in quanto esorbitante rispetto alle pattuizioni contrattuali intercorse fra banca e cliente, ossia in quanto collocato al di fuori di una previsione contrattuale.

Diversamente non si spiegherebbe il differente regime introdotto a seconda che l’addebito rientri nel fido accordato o invece sia al di fuori di esso.

Ma così ragionando non si tiene in considerazione il fatto che l’affidamento costituisca un rapporto contrattuale accessorio che si inserisce nel rapporto di conto corrente: l’utilizzo da parte del cliente di somme eccedenti il limite dell’affidamento, infatti, non avviene al di fuori di una qualsiasi disciplina negoziale, ma opera comunque nella cornice del rapporto di conto corrente sottostante, con l’effetto che per tale esubero non potranno trovare applicazione le condizioni economiche pattuite dalle parti con il fido, ma saranno addebitati i maggiori interessi di scoperto, al pari di quanto avviene in caso di saldo debitorio in un conto corrente semplice, ossia non affidato.

In sostanza, quindi, l’utilizzo ultra-fido e gli interessi conseguenti che ne discendono costituiscono comunque una annotazione a debito in conto corrente, così come, del resto, avviene per gli utilizzi intra-fido e l’addebito degli interessi pattuiti con il contratto di affidamento.

Ma se così è, il presupposto dell’esigibilità del credito relativo al capitale utilizzato ultra-fido e dei relativi interessi, necessario per giustificare la stessa distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie, collide insanabilmente con l’art. 1852 c.c., il quale, derogando per il conto corrente bancario al disposto di cui all’art. 1823 c.c. per il conto corrente in generale, esclude l’esigibilità del saldo creditorio per l’istituto di credito sino alla chiusura del rapporto di conto corrente.

Ne discende che in costanza di rapporto di conto corrente, non potendo configurarsi un credito esigibile per la banca neppure con riferimento al capitale e agli interessi ultra-fido, non possa mai riscontrarsi una rimessa solutoria, idonea a far decorrere il termine prescrizionale dalla data della sua annotazione.

Il Tribunale di Milano, pertanto, ha ritenuto inesigibili anche gli indebiti addebitati extra-fido in quanto l’utilizzo da parte del cliente di somme eccedenti il limite dell’affidamento avviene all’interno di una disciplina negoziale, nella quale correntista e banca concordano un tasso di interesse da applicarsi per gli interessi da addebitarsi entro -fido e un tasso di interesse da applicarsi in caso di sconfinamento dal limite del fido concesso.

E tale principio si applicherà anche in caso di recesso della banca dall’affidamento concesso; se le parti, infatti, come normalmente avviene, convengono un’apertura di credito in conto corrente, al recesso dall’affidamento non conseguirà l’esigibilità del credito dell’istituto bancario, ma semplicemente deriverà l’effetto che il cliente non potrà ulteriormente utilizzare le somme messe a sua disposizione e che l’eventuale importo già utilizzato e non ancora restituito, continuerà a costituire oggetto di una annotazione in conto corrente, il cui saldo sarà esigibile solo dopo il recesso da tale rapporto.

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