Tax Compliance post COVID-19

da | Giu 22, 2020 | Impresa | 0 commenti

Graziano Gallo Dottore commercialista e revisore legale, consulente fiscale

Deborah Betti, presidente di SOS Difesa Legalità, intervista il Dott. Graziano Gallo, fondatore di Dianomos Tax Compliance Desk, per analizzare i nuovi modelli di tax compliance previsti per le imprese dal Piano Colao.

Deborah: Graziano, il Piano Colao come sappiamo è il frutto del lavoro svolto nell’arco di un paio di mesi dal Comitato di esperti in materia economico e sociale nominato dal Governo per definire una strategia di rilancio dell’Italia post-covid. Pare che contenga anche interessanti misure di carattere strutturale in materia di tax compliance. E’ così?

Graziano: Sì, il Piano Colao ha suggerito l’introduzione di importanti novità in materia di tax compliance per le imprese e si muove lungo due direttrici: da un canto potenziamento ed ampliamento del regime di adempimento collaborativo per le imprese di grandi dimensioni, già vigente nel nostro ordinamento, dall’altro introduzione di due nuovi regimi di tax compliance per le imprese di qualunque dimensione.

Deborah: Cominciamo allora dal primo intervento. Puoi dirci in due parole cosa è il regime di adempimento collaborativo per le grandi imprese e come il Piano Colao intende rafforzarlo?

Graziano: Il regime di adempimento collaborativo per le grandi imprese è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2015 con il decreto legislativo 128 del 5 agosto. Si tratta in definitiva di un modello nuovo di rapporto tra fisco e contribuente in virtù del quale la dinamica della relazione si fonda sulla trasparenza, il dialogo e la cooperazione costanti, con abbandono totale della tradizionale logica «hide and seek». Tutte le imprese con fatturato sopra i 5 miliardi di euro possono essere ammesse a questo speciale regime a patto che si dotino di un Tax Control Framework, ossia di un sistema di rilevazione, misurazione, controllo e gestione dei rischi fiscali.

Deborah: In termini concreti che benefici porta alle imprese l’ammissione al regime?

Graziano: Le imprese ammesse al regime non sono più soggette a verifiche ed accertamenti tradizionali. L’impresa discute delle proprie problematiche fiscali con funzionari specializzati dell’Agenzia delle entrate nel corso di incontri pianificati nel corso dell’anno e si cercano soluzioni condivise. Nei casi di maggiore importanza e per le operazioni più complesse si possono firmare accordi preventivi scritti, vincolanti per entrambe le parti. In caso di dissenso e qualora il contribuente non accetti il punto di vista dell’Agenzia sul trattamento fiscale di una certa operazione, si possono anche produrre accertamenti e liti di fronte alle commissioni tributarie, ma in questo caso le sanzioni sono ridotte della metà e possono essere incassate solo a definizione del contesto. La Guardia di finanza non è più legittimata a eseguire verifiche, i termini per le risposte agli interpelli sono abbreviati e non è più necessario prestare garanzie quando si faccia istanza di rimborso dei crediti tributari.

Deborah: Cosa viene chiesto in cambio alle imprese?

Graziano: Sostanzialmente, essere trasparenti, il che significa in primo luogo dotarsi del Tax Control Framework, apparato di controllo interno che l’Agenzia deve validare prima dell’ammissione del contribuente al regime, e, in secondo luogo, comunicare all’Agenzia l’emersione di ogni nuovo rilevante rischio fiscale derivante dalla propria gestione.

Deborah: Come interviene il Piano Colao su questo istituto?

Graziano: In modo direi molto incisivo, attraverso due misure di grande impatto. In primo luogo, suggerendo l’ampliamento dei soggetti ammissibili al regime a tutte le imprese con fatturati inferiori alla soglia attuale di 5 miliardi. Il piano non indica espressamente una nuova soglia, ma questa dovrebbe essere individuata in 100 milioni, che poi era l’importo di fatturato minimo originariamente richiesto dal decreto 128. In secondo luogo, suggerendo l’inapplicabilità delle sanzioni amministrative e penali nei confronti dei soggetti ammessi al regime e questo secondo intervento renderebbe credo enormemente appetibile l’istituto a tutte le imprese in possesso dei requisiti.

Deborah: Cosa prevedono invece i due nuovi regimi e a chi sarebbero riservati?

Graziano: Il primo regime, che io definisco di Tax Compliance generale, prevede il beneficio della inapplicabilità delle sanzioni amministrative e penali irrogabili a seguito di contestazioni elevate dalla Guardia di finanza o dall’Agenzia delle entrate nei confronti di tutte le imprese che si siano dotate di un Tax Control Framework conforme ad un modello definito con un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Deborah: Ma quindi gli stessi benefici riservati dal Piano alle imprese di maggiori dimensioni che accedono al regime di adempimento collaborativo?

Graziano: Sì, ma solo per quanto riguarda le sanzioni. Le imprese che accedono al regime di adempimento collaborativo, come ho già detto, godono di vantaggi ulteriori rispetto alla inapplicabilità delle sanzioni in caso di contestazioni. Inoltre, chi accede al regime di adempimento collaborativo sarebbe certo dell’inapplicabilità delle sanzioni perché il TCF deve essere preventivamente approvato dall’Agenzia delle entrate nel corso della procedura di ammissione, mentre, secondo la proposta del Piano Colao, per le imprese che optassero per la Tax Compiance generale basata solo sull’adozione del TCF, residua la possibilità che in sede di verifica la GDF o l’Agenzia ritengano il TCF non conforme al modello definito dal Provvedimento dell’Agenzia e quindi applichino comunque le sanzioni in caso di contestazioni. Resta certo che la penalty protection è tra tutti i benefici possibili quello di maggior peso assoluto ed è dunque facilmente immaginabile che l’introduzione di una misura del genere a beneficio peraltro di tutte le imprese, senza limitazioni di fatturato, costituirebbe un potente incentivo all’adozione del Tax Control Framework da parte di molte.

Deborah: Quindi chi non accede al regime di adempimento collaborativo perché privo dei requisiti o per scelta, ma si dota comunque del TCF, rimane in condizioni di incertezza quanto alla applicabilità in concreto del beneficio della penalty protection?

Graziano: Sì, accadrebbe ciò che già accade per il regime premiale stabilito in materia di prezzi di trasferimento per chi si dota della documentazione idonea i cui contenuti sono indicati da un Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate: se nel corso della verifica fiscale, sono contestate violazioni alla disciplina sui prezzi di trasferimento, ma l’impresa è in possesso di documentazione redatta secondo le indicazioni fornite dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia, le sanzioni non vengono applicate. E’ un sistema in vigore da un decennio e ha dato buona prova di se’ per cui mi pare sensato replicarlo. Se il Tax Control Framework viene realizzato secondo standard conformi alla prescrizioni dettate dall’OCSE e dall’Agenzia delle entrate e se, soprattutto, viene poi concretamente utilizzato e manutenuto, i rischi che ne venga disconosciuta la validità in sede di controllo sono minimi. Ciò che è importante comprendere è che il Tax Control Framework non può ridursi ad un adempimento formale-burocratico basato su banali modellini destinati a rimanere sulla carta senza entrare nel vissuto quotidiano dell’impresa.

Deborah: Chiarissimo. Ci stai dicendo in sostanza che il Tax Control Framework è qualcosa di sostanziale, da prendere seriamente e che va implementato avvalendosi della consulenza di professionisti dotati delle necessarie competenze?

Graziano: Esatto.

Deborah: Secondo il tuo giudizio, l’impresa vale la spesa? Cioè a che condizioni è conveniente per un’impresa qualunque dotarsi di un Tax Control Framework e così garantirsi la penalty protection?

Graziano: In linea di principio, e stando all’evidenza empirica offerta dall’andamento generale dei controlli e degli accertamenti, l’impresa vale quasi sempre la spesa per società con fatturati direi dai 25 milioni a salire. Nella valutazione comunque devono essere presi in considerazioni diversi altri fattori tra cui il valore attribuito alla reputation ed i rischi penali corsi dagli amministratori dell’impresa.

Deborah: Cosa prevede l’ultima delle misure di tax compliance suggerite dal Piano Colao per le imprese?

Graziano: Una forma di Tax Compliance che definisco «mirata» che introduce la possibilità, per i contribuenti non aderenti al regime di adempimento collaborativo e che nemmeno si siano dotati di TCF, di non andare soggetti all’applicazione delle sanzioni amministrative e penali nell’ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali gli stessi abbiano predisposto idonea documentazione preventivamente comunicata all’Amministrazione Finanziaria con specifiche modalità, individuate in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia. I contenuti di questa misura sono però definiti dal Piano in modo ancora un po’ troppo vago per farsi un’idea di precisa di che forma potrebbe poi assumere in termini operativi.

Deborah: Tirando le somme, pare però di potersi dire che si tratterebbe comunque di interventi dall’impatto potenzialmente rivoluzionario. E’ solo una mia impressione? Esagero?

Graziano: No, non esageri: se le misure suggerite dal Piano Colao venissero tradotte in norme, assisteremmo ad una rivoluzione copernicana dei rapporti tra fisco e imprese.

Deborah: Ma quanto è realistico immaginare che queste misure siano tradotte in norme vigenti?

Graziano: Ho paura che non sia saggio farsi troppe illusioni sul punto. Il regime di adempimento collaborativo è stato introdotto nel 2015. Solo a marzo del 2020 se ne è lievemente ampliata la portata abbassando la soglia minima di fatturato richiesta per l’ammissione da 10 a 5 miliardi di fatturato.
Il punto è che il regime di adempimento collaborativo impegna molto le strutture dell’Agenzia delle entrate: ad oggi sono ammesse al regime 41 imprese e l’Ufficio Compliance della Direzione Centrale Grandi Contribuenti fa onestamente fatica a gestirle, causa un sottodimensionamento degli organici. Se oggi si abbassasse repentinamente la soglia a 100 milioni e con il potente stimolo della penalty protection, le domande di accesso potrebbero moltiplicarsi esponenzialmente e l’impatto sulla fragile struttura dell’Agenzia sarebbe devastante. Assisteremmo ad una replica di quanto già visto con il regime patent box quando migliaia di domande di accesso al beneficio hanno mandato in blocco il sistema ed ancora oggi sono aperte centinaia di procedure relative a domande presentate nel 2016.

Deborah: Suona tanto di situazione gattopardesca: tutto cambia perché nulla cambi …

Graziano: Potrebbe anche essere peggio di così, ma non spetta a me fare valutazioni di ordine politico. Però, perché nessuno pensi di potersi aggrappare a facili alibi (del tipo bellissime idee, peccato che siano inattuabili allo stato) c’è certamente un modo per tradurre le proposte del Piano Colao in azioni concrete senza mettere in crisi il sistema.

Deborah: Tu cosa suggerisci?

Graziano: Qualcosa di molto semplice. Primo: introdurre la penalty protection per le imprese ammesse al regime di adempimento collaborativo, secondo quanto previsto dal Piano Colao. Secondo: prevedere da subito l’ammissione al regime di adempimento collaborativo di tutte le imprese soggette alla vigilanza di Banca d’Italia, ISVAP e CONSOB e l’abbassamento della soglia minima di fatturato a 1 miliardo di euro a partire dal 1° gennaio 2022. Terzo: introdurre il regime di Tax Compliance generale per tutte le imprese che si dotino di un modello di Tax Control Framework definito da un Provvedimento del Direttore dell’Agenzia da emanarsi entro 4 mesi dall’entrata in vigore della norma di legge e dopo una pubblica consultazione. Quarto: accantonare, almeno per il momento, l’ipotesi della Tax Compliance mirata, che appare oggettivamente di più difficile implementazione anche dal punto di vista tecnico.

Deborah: Ma in che modo la soluzione da te proposta, renderebbe maggiormente attuabile il Piano Colao?

Graziano: La soluzione da ma proposta credo verrebbe incontro alle esigenze ed alle aspettative di tutti gli attori in causa. Le imprese otterrebbero tutte la possibilità di godere di una penalty protection piena, sia amministrativa che penale, da subito a fronte di un unico sforzo richiesto, consistente nella implementazione del Tax Control Framework aziendale. L’Agenzia delle entrate reggerebbe dal punto di vista organizzativo l’urto della novità, non essendole richiesto un eccesivo irrobustimento della struttura operativa dell’Ufficio Compliance. La Guardia di finanza non perderebbe la facoltà di esercitare le ordinarie forme di controllo nei confronti di tutte quelle imprese, anche di grandi dimensioni, che optassero per il regime di Tax Compliance generale.

Deborah: Onestamente Graziano, stiamo parlando di un bel libro dei sogni o di qualcosa effettivamente alla portata?

Graziano: Si dice «volere è potere». Nel Piano Colao le misure previste in materia di Tax Compliance sono classificate di possibile immediata attuazione e a costo zero. Probabilmente è una visione un filino ottimistica, soprattutto sul lato costi perché credo che la sua piena attuazione richiederebbe comunque un potenziamento delle strutture dell’Ufficio Compliance dell’Agenzia delle Entrate.
La mia versione rivista e corretta potrebbe essere resa effettivamente operativa nel giro di massimo sei mesi e sarebbe davvero a costo zero per lo Stato.

Deborah: Che impatto avrebbe una riforma del genere dal punto di vista culturale?

Graziano: Enorme credo. L’apertura a modelli sempre più avanzati di tax compliance è per i sistemi ad economia evoluta un destino, più che una scelta. Ma la transizione da un modello «hide and seek» come io amo definire il modello di rapporto tradizionale tra fisco e imprese, basato sull’endiadi Obbligo-Sanzione, ad un modello cooperativo, basato sull’endiadi Onere-Premio, è complessa soprattutto dal punto di vista culturale. E’ importante che tanto le imprese quanto lo Stato investano sulla trasformazione dei propri modelli culturali di riferimento. Ed è inutile dire che in tale processo di «muta» la leadership spetta allo Stato: è lo Stato che se ne deve fare promotore, che deve dare il buon esempio, stando sempre un passo avanti. Non basta emanare buone leggi, occorre che poi anche le strutture operative ne sposino in maniera convinta e convincente i contenuti e li applichino in modo coerente. In tale contesto è da mettere preventivamente in conto che qualcuno cercherà di fare solo finta di adeguarsi senza in realtà aderire ai nuovi modelli culturali in modo genuino. Lo abbiamo già visto proprio nell’esperienza COVID: la maggior parte si è comportata in modo conforme alle prescrizioni dell’autorità e lo ha fatto perché convinta essa per prima che fosse la cosa giusta da fare. Una minoranza si è invece dimostrata renitente. Si tratta di un fatto fisiologico. Ma ove il modello cooperativo basato sulla correlazione Onere-Premio fallisce, il sistema prevede l’automatico regresso al modello Obbligo-Sanzione. Non in modo generalizzato, ovviamente, ma mirato, chirurgico. E tanto vale anche per la tax compliance. Lo stesso Piano Colao contempla l’adozione di questa strategia di comportamento, prevedendo un forte inasprimento delle sanzioni per chi, pur apparentemente votandosi alla tax compliance, la usasse invece come mero schermo formale dietro il quale celare operazioni fraudolente.

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