Avvocati, è reato promettere prestazioni professionali gratuite o a costi simbolici

da | Set 17, 2023 | IN EVIDENZA, SOS Consumatori | 0 commenti

“Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”.

Questo giuramento è il momento in cui l’avvocato si impegna letteralmente a svolgere il proprio lavoro nel rispetto delle regole nei confronti dei tuoi assistiti, a difesa della dignità della persona e di ricerca della giustizia.

Il tempo, però, ha cambiato le cose e oggi molti professionisti con il titolo di avvocato, non sentono più questo trasporto nei confronti dell’etica; piuttosto hanno manifestato un sentimento crescente verso il “Dio Denaro”, divenuta per la nostra odierna cultura la principale misura ed elemento centrale della vita dell’individuo.

Cause promesse gratis o ad irrisori costi onnicomprensivi e simbolici, sono specchi per allodole finalizzate al procacciamento degli affari, ce lo ha insegnato il comportamento degli avvocati del “caso SDL Centrostudi”, falsità che ci hanno procurato un mare di guai.

Utile quindi un po’ di chiarezza, capire come muoversi all’interno di un sistema dove il cittadino senza dubbio è parte debole e facile preda per scaltri lestofanti.

In questo articolo troverai

Avvocati, obbligo di lealtà nei confronti dell’assistito

Il professionista che svolge l’attività nella sua funzione di avvocato è obbligato a adottare un comportamento che non sfoci nella condotta di accaparramento di clientela.

Promettere prestazioni professionali gratuite o eseguite a costi simbolici costituisce di fatto una concorrenza sleale nei confronti dei colleghi avvocati e concretizza l’illecito di accaparramento della clientela.

Il divieto di accaparramento della clientela è finalizzato ad evitare che un avvocato svolga attività che, al solo scopo di acquisire clienti, si rivelino di disvalore deontologico perché attuate con modalità non conformi a correttezza e al decoro della professione.

Dalla violazione di questo divieto discende un illecito disciplinare anche nei confronti del cliente a prescindere “dall’elemento intenzionale del dolo o della colpa essendo sufficiente solo la volontà consapevole dell’atto che si compie.” – Cit. Consiglio Nazionale ForenseConsiglio Nazionale Forense Istituzione apicale del sistema dell’ordinamento forense [1] Sentenza n. 148 del 6 dicembre 2019.


Tradotto dal legalese significa che l’illecito si configura anche se la condotta non causa un danno diretto al cliente.

Avvocatura in crisi economica promette attività a costi simbolici. Pubblicità ingannevole

La professione forense, tra le tante, sta attraversando un momento di crisi tra le più nere.

Nel tempo e soprattutto con la nascita dell’Unione Europea, la figura degli avvocati ha subito un grosso cambiamento e una specie di contaminazione di titoli esteri, Avvocato, Abogado o Avocat incomprensibili alla maggior parte degli utenti.

Per sopperire alla necessità di far circolare liberamente la professione forense in tutti gli stati membri della UE (partenariato economico e politico del quale l’Italia è paese fondatore) si è provveduto a mettere in piedi una legge professionale poco chiara, a libera interpretazione personale e soprattutto agevole nel prestare il fianco a facili maneggi da parte di taluni, cito: “Spagna, indagati 500 neolaureati italiani in giurisprudenza. Hanno pagato 11mila euro per l’iscrizione all’albo” fonte Il Fatto Quotidiano e più di recente la nota trasmissione del biscione “L’Università popolare di Milano e la SDL Centrostudi. Le Iene.”

Le facoltà di giurisprudenza non hanno adottato il numero chiuso (diversamente previsto in medicina per esempio), e ad oggi non esistono test psico-attitudinali sulle persone che intendono avviare questo percorso lavorativo.

Mettiamo poi il disinteresse o l’incapacità dei Consigli Distrettuali di DisciplinaConsigli Distrettuali di Disciplina Ente che ha l’attività di controllo e potere sanzionatorio nei confronti degli avvocati in relazione al rispetto delle norme previste dal Codice Deontologico Forense che disciplinano la professione [2] ad avviare procedimenti disciplinari veloci e di monito nei confronti degli avvocati che usano il titolo e la professione a scopo criminoso e il danno è fatto.

Nell’immaginario collettivo gli avvocati vengono rappresentati come un branco di predatori liberi che, grazie alle capacità oratorie, girano intorno alla preda affamati di denaro. Nella preda si identifica il cittadino che, intimorito, non riconosce più il ruolo sociale della funzione di difesa dei propri interessi a questi professionisti.

Per colpa dei pochi sfruttatori del titolo di studio di “avvocato”, al solo scopo di fare soldi, l’immagine della professione forense oggi è costellata da casi di avvocati arrestati per truffa, corruzione, reati di associazione a delinquere e falso.

Già nel 2013 in Italia circolava il triplo degli avvocati rispetto alla media dell’Unione Europea, il che vuol dire che un buon numero di azzeccagarbugli[3] in giro per il paese ci deve essere per forza, è fisiologico.

Il “caso SDL Centrostudi” ci ha insegnato a conoscere tutti quelli che definirei “professionisti del commercio forense” che hanno contribuito ad espandere l’inganno della vendita delle perizie bancarie, “asseverate e sottoscritte da esperti in materia bancaria” prestandosi senza scrupolo a depositare cause nei Tribunali proposte su “perizie inattendibili” o per lo meno, per chi ha idea diversa “perizie basate su teorie sperimentali”, sfruttando un momento di vuoto legislativo e/o una interpretazione personalizzata di sentenze intorno al tema dell’usura e dell’anatocismo, con il risultato di mettere in pericolosa crisi la serenità della vita di centinaia di cittadini, senza armi e senza difesa contro le banche avanti ai Giudici che li hanno condannati tutti.

I vincitori, nel caso degli avvocati della società SDL Centrostudi, sono quelli che hanno messo via i soldi. “professionisti del commercio forense” che hanno mentito a tutti i loro clienti/assistiti su due fattori sostanziali:

  1. certezza del risultato grazie ad asseriti pregressi successi collegati alle perizie della SDL Centrostudi di cui loro stessi si celebravano autori (fatto rilevatosi falso);
  2. e la possibilità di agire in giudizio promettendo prestazioni professionali come “specializzati in materia” a costi simbolici – altro fatto infondato in quanto quegli stessi avvocati, terminata la causa, hanno emesso parcelle stratosferiche pretendendo il pagamento di onorari mai pattuiti).

Sul punto si collega il grave problema trattato dalla trasmissione de LE IENE relativamente all’Avv. Piero Lorusso, si veda “Difendersi da chi dovrebbe difenderti” puntata 1° e puntata 2° , e non è un caso isolato.

Infatti, nel panorama, scusate sbagliato, nel “paranormale” caso degli ex avvocati SDL, tra i più costosi nelle richieste di parcelle mai pattuite e disconosciute persino dalle assicurazioni vi sono anche altri professionisti come gli avvocati Michele Gallucci, Michele Rondinelli, Monica Pagano, Mario Fois; alcuni di questi avevano a disposizione un ufficio presso la sede dove incontrare gli assistiti e alcuni ricoprivano ruoli di rilievo all’interno della società SDL[4].

La norma, art. 37 del Codice Deontologico Forense – Divieto di accaparramento di clientela

Con la Sentenza n. 148 del 6 dicembre 2019 – il Consiglio Nazionale Forense ha stabilito che l’offerta di prestazioni gratuite o a un costo simbolico è un illecito disciplinare poiché si configura come accaparramento di clientela.

La norma di riferimento è appunto l’art 37 del Codice Deontologico Forense, contenuto all’interno del Titolo II – Rapporti con il cliente e la parte assistita – rubricato “divieto di accaparramento di clientela”. Cito integralmente:

  1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.
  2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terze provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.
  3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.
  4. È vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, ingenerale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
  5. È altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione pers nalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.
  6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura

C’è dunque un generale divieto previsto al comma 1 di questa disposizione che proibisce qualsiasi condotta finalizzata all’acquisizione di clientela che sia attuata con modalità non conformi alla correttezza e al decoro.

La norma, oltre a praticare un esplicito richiamo ai doveri di lealtà e di correttezza verso i colleghi e le Istituzioni Forensi sancito dall’ art. 19 – Doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi[5] – Codice Deontologico Forense – Titolo I – Principi Generali, è posto a tutela dell’affidamento della collettività e della clientela e riafferma, con il rilievo sociale della difesa, i valori della dignità e del decoro della professione forense. L’onerosità costituisce una componente necessaria dell’incarico di difesa che assume un avvocato, dal momento che il compenso concorre a tutelare, a garanzia dei terzi e del mercato, la serietà, l’autonomia e l’indipendenza della funzione forense.

Conseguentemente, l’accettazione di un incarico professionale promettendo, prestazioni professionali gratuite o a costi simbolici mortifica e discredita innanzitutto la figura della professione forense, trattandosi di comportamento lesivo del decoro e della dignità che devono caratterizzare le attività dell’avvocato e al contempo suggestiona il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico (così Consiglio Nazionale Forense Pres. Mascherin, rel. Napoli, sentenza n. 148 del 6 dicembre 2019)

Gli avvocati convenzionati alla SDL Centrostudi

Grave malafede, a mio parere, è presente nel noto “caso SDL Centrostudi” relativamente al comportamento tenuto dagli avvocati, in quanto questi hanno indotto il cliente, procacciato proprio da SDL, a credere che l’attività delle cause contro le banche fosse proprio un compenso onnicomprensivo irrisorio.

Falsamente prospettato al solo scopo di ottenere l’incarico in collusione con la stessa azienda che nel contratto dichiarava: “Nell’ipotesi in cui, al fine di recuperare il credito, … il Cliente sin da ora si impegna ad affidare mandato a professionisti indicati/suggeriti da SDL sia per la difesa legale … Gli onorari di particolarissimo favore e quindi di ridotta entità …” con un messaggio pubblicitario, dunque, ingannevole che ha avuto un impatto gravissimo sulle famiglie colpite da questa trappola, meglio da questo inciucio ordito da questi soggetti.

Si è visto infatti che l’effetto economico ha contribuito ad impoverire le persone che, oltre a perdere le cause, condannate quindi a risarcire le stese banche a cui hanno fatto la guerra, sono dovuti ricorrere a richiedere finanziamenti per pagare gli anche gli avvocati convenzionati con la SDL che, guarda caso, solo a fine del giudizio hanno poi messo in atto l’elemento sorpresa, richiedendo ai clienti “salate” parcelle per compensi mai concordati e preannunciati prima di depositare la causa. 

Da tutto ciò deriva il conseguente aumento dell’effetto di disprezzo del cittadino verso le istituzioni nonché l’aumento del sentimento di discredito sia nei confronti dell’ordine professionale forense che fino ad ora, su questo tema non ha dato segnali di vigorose sanzioni e più in generale sul tema della giustizia.

In effetti, se un cittadino viene obbligato a “Difendersi da chi dovrebbe difenderti”[6] e intorno a lui le istituzioni restano impassibili, che risultato potremmo sperare di avere se non quello di un amento di frustrazione?

Va considerato poi, come nel caso SDL Centrostudi, che questo tipo di condotte delle prestazioni professionali gratuite o a costi simbolici “di particolarissimo favore” per cit. SDL, costituisce anche un esercizio illecito predatorio seriale che prevede anche un’azione di concorrenza sleale verso i colleghi con la conseguenza dello svilimento della categoria stessa.

Una piaga sociale che colpisce anche il cittadino che si trova in una giungla senza preparazione e senza etica.

Divieto di accaparramento della clientela

Il caso riguarda un avvocato condannato a tre mesi di sospensione dal Consiglio Distrettuale dell’Ordine di Perugia [7] per aver proposto ad una potenziale cliente il pagamento dell’onorario solo in caso di vittoria della causa contro la banca, dichiarando di richiedere limitatamente il pagamento degli oneri e delle spese processuali, allo scopo di ottenere l’incarico.

Tuttavia, ottenuto il mandato per agire in giudizio, l’avvocato chiedeva alla cliente il pagamento dell’onorario ad inizio causa, dichiarando in mala fede che la somma riguardava solo alcune spese proporzionali al valore della causa medesima. In aggiunta, dopo la sospensione dall’esercizio della professione, l’avvocato convinceva la cliente a non revocargli il mandato, dichiarando, anche questa volta in mala fede, che la causa era la sua e la doveva gestire lui.

Infine, dopo l’esito negativo del giudizio di primo grado, l’avvocato proponeva alla cliente di ricorrere in appello ed eventualmente in cassazione, offrendo sempre le proprie prestazioni “gratuitamente”.

Il CNFConsiglio Nazionale Forense Istituzione apicale del sistema dell’ordinamento forense ha confermato l’illecito accaparramento di clientela disposto dal CDO di Perugia confermando la sanzione della sospensione delle attività lavorative disposta dal Consiglio.

Anche questo non è un caso isolato.

Il CNF si è pronunciato più volte in merito a questo argomento, evidenziando l’importanza del divieto di accaparramento di clientela al fine non solo di tutelare la categoria professionale forense ma anche il cittadino stesso.

Lo stesso principio, per esempio, era già stato affermato dal CNF con la Sentenza n. 23 del 23 aprile 2019 con la quale era stata confermata la responsabilità disciplinare a carico di un avvocato che, cercando di accaparrarsi la clientela, prometteva prestazioni professionali tramite internet a prezzi “particolarmente” vantaggiosi.

In questo caso il CDO di Pescara aveva riconosciuto la responsabilità disciplinare a carico dell’avvocato per violazione del divieto di accaparramento della clientela per aver promesso prestazioni professionali “senza anticipi, senza spese, senza rischi e, soprattutto, in tempi brevissimi” e di definizione “entro 240 giorni invece di attendere i soliti 4-5-6 anni!”, prevedendo il pagamento del compenso legato al risultato ottenuto e senza alcun obbligo di corrispettivo in caso di mancato ottenimento del risultato.

E ancora, con la Sentenza n. 244 del 28 dicembre 2017, si ribadisce la rilevanza del “divieto di accaparramento della clientela”, evidenziando il principio:

l’accettazione di un incarico professionale comportante un compenso onnicomprensivo irrisorio mortifica la funzione stessa della professione forense, estrinsecandosi in un comportamento lesivo del decoro e della dignità che devono caratterizzare le attività dell’avvocato”.

Con questa pronuncia Sentenza il CNF qualifica tale pratica come volta “a turbare la corretta concorrenza tra professionisti” e sottolinea “la peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale impone le limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione”.

5 riflessioni da fare su come scegliere un avvocato

E’ vero che dopo l’abolizione delle tariffe minime, la pattuizione sui compensi è oggetto di libera contrattazione tra le parti ma è comunque giusto precisare che questa “libertà” deve rispettare le regole previste dal Codice Deontologico, il che significa che deve avere una sua precisa quantificazione proprio secondo i valori della dignità e del rispetto per il lavoro compiuto oltre che dai parametri previsti dal D.M. 55/2014[8], in ossequio anche al dovere di trasparenza e diligenza nei confronti della parte assistita

Il vero Avvocato ha investito tempo e risorse economiche per la sua formazione e per imparare ad eseguire questa professione con diligenza, etica e chiarezza. L’avvocato ha dunque diritto a quello che la nuova disciplina della legge 21.04.2023 n. 49 definisce come “l’equo compenso” vale a dire al compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri previsti  dei decreti ministeriali e soprattutto, concordato preventivamente con il proprio assistito

La pretesa dell’avvocato del giusto compenso – né gratuito, né stratosferico – trova la sua rilevanza ideologica in quanto resta unico incentivo per il professionista per continuare a prestare la propria opera con autonomia di giudizio e libertà di azione e anche se non ci crederete è una delle poche armi che abbiamo a disposizione per evitare problematiche e trovare il professionista più serio e autorevole.

Attenzione a scegliere con cura il tuo avvocato!

Il consiglio di SOS Difesa Legalità

Evita coloro che cercano di attirarti nel loro studio con offerte gratuite o prezzi troppo bassi. Un professionista serio non sacrificherà la qualità del suo lavoro per il profitto e con le giuste condizioni economiche pattuite potrà garantire attenzione e impegno adeguati al tuo caso. Optare per un avvocato che ha come priorità i propri interessi finanziari potrebbe portare a gravi conseguenze, mettendo a repentaglio il successo della tua causa, il fallimento della difesa dei tuoi diritti e la tua tranquillità.


[1] Acronimo CNF, istituzione apicale del sistema dell’ordinamento forense. – [2] Ente che ha l’attività di controllo e potere sanzionatorio nei confronti degli avvocati in relazione al rispetto delle norme previste dal Codice Deontologico Forense che disciplinano la professione

[3] Fonte: https://www.treccani.it/vocabolario/azzeccagarbugli/ s. m. – Propr., nome (Azzecca-garbugli) di un personaggio dei Promessi Sposi di A. Manzoni, il vile leguleio che, accampando pretesti di ogni sorta, rifiuta la sua assistenza a Renzo; per antonomasia, avvocato da strapazzo o intrigante. Fonte: https://www.treccani.it/vocabolario/azzeccagarbugli/

[4] materiale a disposizione dei CDDConsigli Distrettuali di Disciplina Ente che ha l’attività di controllo e potere sanzionatorio nei confronti degli avvocati in relazione al rispetto delle norme previste dal Codice Deontologico Forense che disciplinano la professione[5]L’avvocato deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle Istituzioni forensi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà

[6] citazione trasmissione Le Iene – Avvocato Piero Lorusso – SDL Centrostudi – [7] Acronimo CDO

[8] DECRETO 10 marzo 2014, n. 55 – Normativa – Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

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